di Francesca Dragotto e Sonia Maria Melchiorre
Abstract 1
Re-enacted and dissected in the National and International news, the narration of the rape denounced by Italian actress Asia Argento has triggered several coming outs revealing the violence perpetuated against other actors and actresses by prominent personalities of the Hollywood star system. Textually molded between diffused narration and the blink of a tweet, the story has hooked the public displaying, in the Italian media in particular, a morbid legitimation of Victim Blaming. Asia Argento has become the object of Hate Speech revealing, in turn, a cultural palimpsest of lies and guilty silences deriving from stereotypes represented in comments of the most crass and basest order. The present discussion starts therefore from a quantitative and qualitative analysis of texts, in English and Italian, reporting the story and aims to reveal the similarities and differences between language practices substantiating the discourse of violence. Another corpus derived from the social networks will also reveal the righteous indignant reactions of cybernauts concerning this story which will help identify the language patterns at the core of gender-based violence.
Abstract 2
Spolpata dalle cronache nazionali e internazionali, la narrazione della violenza sessuale denunciata dall’attrice italiana Asia Argento ha funto da detonatore di una esplosiva sequela di coming out rivelatori di episodi analoghi subiti, da altre attrici e, seppur in misura inferiore, attori, da parte di personaggi di spicco dello Star System hollywoodiano. Colata in tutti gli stampi testuali compresi tra la narrazione diffusa e il succinto tweet, la trama di questa vicenda ha tenuto e ad oggi ancora tiene significativo banco mediatico, alimentando un dibattito che, nel caso italiano, si è dimostrato spesso più interessato all’individuazione di ragioni utili a legittimare il Victim Blaming che a ricostruire le coordinate del contesto in primis psicologico nel quale si sarebbe consumata la violenza. Oggetto di innumerabili discorsi di odio, il racconto rappresentato dalla cronaca italiana costituisce un oggetto utile a investigare il sentimento sociale nei confronti di storie di violenza con protagoniste persone (in special modo donne) famose, nei confronti delle quali si attivano reazioni di sdegno frammisto alla colatura dei più beceri stereotipi di genere. Muovendo dall’analisi quantitativa e qualitativa di un corpus di testi incentrati su questa vicenda, prodotti in lingua inglese e in lingua italiana, chi scrive si ripropone di far emergere luoghi di contatto e di separazione tra le diverse forme della cronaca, unitamente alle costellazioni lessicali, semantiche e pragmatiche che le hanno sostanziate. Correderà questa analisi quella di un secondo corpus, stavolta estrapolato dalla ricca produzione social riconducibile ad account ora individuali, ora di gruppi noti per l’indefessa attività di comunicazione indignata intorno a vicende dell’attualità. Scopo ultimo del lavoro, sarà l’intercettazione dell’eventuale pattern linguistico e concettuale della violenza di genere, del quale si testeranno i limiti di validità all’interno di sistemi diversi e di varietà diverse dello stesso sistema.
- La narrazione
Umiliata e offesa. Questo il destino toccato all’attrice italiana Asia Argento, tra le prime a denunciare la violenza subita dal produttore cinematografico hollywoodiano Harvey Weinstein. La donna ha avuto il coraggio di esporre pubblicamente il suo stupratore assieme a una ottantina di altre, che come lei, hanno subito prima un oltraggio fisico e successivamente un’esposizione mediatica senza precedenti. Appare significativo da un punto di vista narrativo, che la vicenda sia stata innescata da un tweet e che sia successivamente rimbalzata nei media di tutto il mondo. Nel breve lasso di un cinguettìo Asia Argento rivela i nomi di tutte le donne che con coraggio hanno denunciato la violenza perpetrata nei loro confronti da un uomo che si credeva potente e intoccabile. Ed ecco che dal racconto delle vittime scaturisce una nuova narrazione in cui le donne diventano survivors, dando voce alla loro rabbia contro un sistema patriarcale, sessista e misogino, condensato in uno slogan già storico: Me too, “anche io”, nel quale tutte le donne del mondo vittime di violenza si sono riconosciute. È accaduto poi che due parole si transustanziassero nella Person of the Year 2017 guadagnando la copertina del Time, che si incarnassero nei corpi abbigliati di nero di tutte le attrici che hanno partecipato al Golden Globe 2018 e che, infine, si trasformassero nel Time’s Up, “Il tempo è scaduto”, refrain che si propone come impulso trasformatore della rabbia in forza (ri)costruttrice e che, probabilmente, accompagnerà l’afro-americana Ophra Winfrey nella corsa per la Casa Bianca. In Italia, nel frattempo, si fatica, e molto, ad ammettere perfino che le parole usate dai media nel caso Asia Argento dimostrino l’esistenza di un grave problema culturale. Nel nostro paese parole tossiche, nell’insieme dette hate speech, hanno condotto a un vergognoso victim blaming nei confronti di Asia Argento: una etichetta eufemistica per le orecchie italiane che finisce però per assumere la forma testuale di un testo argomentativo dalle cui trame scaturisce violenza e accanimento mediatico – ironia sprezzante e spregiativa nei casi migliori – non già nei confronti degli aggressori, bensì delle persone vittime di violenza sessuale. Questa tendenza ben si evince dalla disamina, anche solo cursoria, di testi recuperabili dal web. In questa sede ne è stata raccolta una selezione, in lingua italiana e inglese, successivamente sottoposta ad analisi contrastiva. Dall’analisi è emersa la tendenza all’uso di una terminologia, sistematicamente sostenuta da toni aggressivi, rivelatrice di un sistema più complesso di collusione culturale con un sistema che sarebbe frettoloso liquidare come fallocentrico e misogino e percorso da una omosocialità maschile da spogliatoio. Portatrice di significato per quanto e come dice, ma anche per quanto non dice, la lingua di questi testi (e in generale di ogni testo), costituisce infatti una porta di accesso all’architettura ideologica che la sorregge e che sorregge le coordinate di chi se ne serve: una architettura che cela un mondo sclerotizzato, che nel caso in questione prevede un pendant tra atteggiamento aggressivo di chi offende e lesione della dignità di chi offeso/a, su cui è necessario gettare luce se si vogliono comprendere le dinamiche che guidano l’agire in questa porzione di tempo che vede la vita sociale e comunicativa governata dalle strutture dei social media. In attesa dei risultati dell’analisi di un corpus meglio strutturato e più tendente alla sistematicità – con tutti i limiti che la sistematicità applicata al testo inteso in senso cognitivo può avere – in questa prima fase si procederà con l’esposizione dei nuclei più significativi ottenuti per carotaggio. I frammenti proposti sono stati scelti perché rappresentativi ciascuno di un corpus dalle caratteristiche analoghe.
- Victim blaming
Queste alcune delle domande proposte ad Argento da G.M. Tammaro, de La Stampa (15 ottobre 2017), a immediato ridosso della denuncia pubblica dell’attrice. Difficile non rintracciarvi lo schema narrativo plurisecolare dell’interrogatorio della vittima di violenza (si pensi, uno su tutte, al primo processo per stupro della storia, quello nei confronti della pittrice Artemisia Gentileschi, e non dell’aggressore Agostino Tassi, del 1612): il testo-genere si compone di domande alle quali chi ha subito violenza deve rispondere in maniera dettagliata per non essere tacciata di collusione con il predatore.[1] In grassetto gli elementi che si ritengono rilevanti per il discorso.
- Perché ha deciso di rivelare questa storia a distanza di tanti anni?
- Non pensa che parlare prima avrebbe evitato che altre donne subissero come lei?
- Che cosa l’ha ferita maggiormente?
- E lei come reagisce?
- Come ha vissuto questi anni di silenzio?
- Si sente ancora in colpa per questo?
- Che cosa temeva che le potesse accadere, in caso di denuncia all’epoca dei fatti?
- Fabrizio Lombardo, ex capo di Miramax Italia, nega di averla portata da Harvey Weinstein, come lei invece sostiene.
- Dopo il primo incontro in un hotel in Costa Azzurra, lei iniziò una relazione con Weinstein?
- Weinstein cercò di contattarla ancora?
- Lei accettò?
- Qual era l’atteggiamento di Weinstein nei suoi confronti?
- Come cambiò il suo comportamento, nei confronti di Weinstein?
- Quindi vi incontraste altre volte?
- Poi però ha deciso di farsi avanti in prima persona: come mai?
- In Italia non tutti la pensano così. Non tutti le credono. Non tutti stanno dalla sua parte.
- La accusano anche di aver firmato la petizione a favore di Roman Polanski, indagato per pedofilia.
- Si è pentita?
- Dopo essersi fatta avanti insieme alle altre donne e aver raccontato quello che le è successo, cosa spera che accada?
Poste una di seguito all’altra, le domande assumono la forma di una narrazione a se stante, caratterizzata da una costellazione di termini e da una semantica incentrata sulla vittima non in quanto tale ma in quanto teste che deve fornire spiegazioni per quanto accaduto, per giustificare il suo silenzio. Quelle a seguire sono invece alcune delle frasi pronunciate, a vario titolo, da Mario Adinolfi, Vittorio Feltri e Vittorio Sgarbi, rimbalzate tra numerosi siti e quotidiani del mondo, tra i quali il New Yorker, per primo, il Guardian e l’Independent. L’articolo di The Guardian riporta, per esempio, le seguenti parole: “Far from being hailed as brave, Argento’s allegations were initially treated in some Italian media outlets with a mix of scepticism and scorn” dove colpisce il pendant tra il brave, ‘coraggiosa’, utilizzato dalla giornalista per definire Asia Argento, e l’atteggiamento generalizzato di ‘scetticismo’ e ‘disprezzo, disdegno’ (scorn rimanda anche all’idea di ‘rifiuto’, di non accettazione di qualcosa che viene proposto). La giornalista riporta poi le parole di Asia Argento: “Here people don’t understand. They’ll say, ‘oh it’s just touching tits’. Well yeah, and this is a very grave thing for me. It is not normal. You can’t touch me, I am not an object”. Il pezzo non omette la descrizione dettagliata della violenza subita dall’attrice e il commento offensivo di Vittorio Feltri, che sminuisce l’atto sessuale poiché solo sesso orale (licking e non oral sex nella sua interpretazione). L’elemento più rilevante dell’articolo resta una delle frasi conclusive della giornalista: “For now, not a single fellow female actor who is well known has spoken out in support of her, even though the Italian film industry is rife with abuse”, dove rife with abuse rimanda da un lato alla reiterazione di atti, dall’altro, significando rife ‘pieno zeppo’, allude anche a un atteggiamento collusivo di quanti con comportamento omertoso non denunciano. In un altro articolo, sull’Independent, sempre in Gran Bretagna, Lydia Smith scrive: “But she was subsequently criticised by some sections of the Italian media for not coming forward sooner about the alleged assaults, despite hesitation being common among survivors for fear of reprisals, among other reasons. […]”. Riporta poi gli interventi di Renato Farina apparsi su Libero e i suoi commenti Victim Blaming volti cioè alla colpevolizzazione della vittima e tipico di chi è rimasto molto, troppo indietro rispendo a un mondo che va veloce:[2] “Conservative newspaper Libero published an op-ed by Renato Farina, with the headline: ‘First they give it away, then they whine and pretend to repent’”.[3]
- Hate speech
“Se denunci uno stupro in Italia sei tu la troia”. E, ancora, “Solo in Italia vengo considerata colpevole del mio stupro perché non ne parlai quando avevo 21 anni”, denuncia Asia Argento dopo le critiche e le aggressioni verbali ricevute sui media italiani, anche da parte di star, che insinuano o apertamente dichiarano che “Si può sempre dire di no…”. Il 13 ottobre Asia Argento torna sul caso Weinstein con un tweet amaro: “Ho denunciato uno stupro e per questo vengo considerata una tr…”. Ma il mondo dello spettacolo affronta la questione in modo che è eufemistico definire prudente. “Conosco bene Asia Argento e la stimo”, rivela Vladimir Luxuria. “Quando ho letto che raccontava di essere stata costretta a un rapporto orale, la prima reazione è stata di solidarietà. Ma quando ho letto che, dopo aver subito questa violenza, ha fatto un film con lui, è andata con lui sul red carpet a Cannes, l’ha frequentato per cinque anni, allora mi sono detta che c’era qualcosa che non andava. Purtroppo in queste vicende bisogna avere una credibilità totale, altrimenti basta una sola fake news a mettere in discussione tutto: […]”. Ottavia Piccolo, stimatissima attrice di teatro e cinema, preferisce sorvolare: “Sono cose che sono sempre accadute, non voglio parlarne perché rischierei di dire solo banalità”. Mentre Rita Dalla Chiesa affronta senza timore l’argomento: “Sicuramente la paura di perdere il lavoro può esserci. Se però una persona si è sentita realmente offesa e traumatizzata ma poi, invece di scappare, resta all’interno di questo cerchio negativo, prende treni e aerei e va agli appuntamenti in albergo, non parlerei più di stupro, ma di un rapporto cosciente”. Cita poi le parole di Barbara Palombelli, con le quali afferma di concordare: “[…] Sei stata violentata? E perché lo dici dopo anni? Troppo comodo. Non facciamo battaglie femministe su cose che col femminismo non c’entrano niente”. “Sarò una mosca bianca”, rivela invece Alba Parietti, “ma a me non è mai capitato niente del genere. A volte basta l’atteggiamento per scoraggiare un uomo. Il punto centrale del problema è la paura: l’eterna paura delle donne nei confronti degli uomini, del loro potere, di non essere credute. Conosco potenti donne manager che quando tornano a casa si lasciano menare dal marito. Perché questo tipo di atteggiamento non riguarda solo il mondo dello spettacolo, ma tutti gli ambiti lavorativi. Con un’aggravante: nello spettacolo non insegui un posto da 1200 euro al mese, ma fama e successo”. Il 26 ottobre 2017 Guia Soncini, editorialista della rivista Gioia, commenta sul New York Times il fallimento del femminismo italiano, riferendosi alla vicenda di Asia Argento:[4] “This episode is another example of my country just being male-run, sexist Italy […] This, in a country that has a total of zero national newspapers edited by women and zero female columnists in its main national papers. […] Where the reaction to Ms. Argento’s account has been truly vicious has been on social media. And there, it has primarily come from women. […] What this tells us about Italian feminism isn’t clear, but it’s certainly ugly. […] There’s something under-ripened about the state of feminism in my country”. Peccato che Soncini avesse postato un tweet decisamente poco femminista (“Sogno un pezzo su Weinstein d’una sola riga. Quello sarà un vecchio porco, ma voli gliela tiravate con la fionda, finché pensavate servisse”) qualche giorno prima (10 ottobre 2017), cosa che non sfugge propria ad Asia Argento. L’attacco più diretto è quello sferrato, via Facebook, da Selvaggia Lucarelli in un post molto lungo:[5] “Ora. Francamente. Vai a letto con un bavoso potente per anni e non dici di no per paura che possa rovinare la tua carriera. Legittimo. Frigni 20 anni dopo su un giornale americano raccontando di tuoi rapporti da donna consenziente tra l’altro avvenuti in età più che adulta, dovendo attraversare oceani, con viaggi e spostamenti da organizzare, dipingendoli come “abusi”. Meno legittimo. Ad occhio, sono abusi un po’ troppo prolungati e pianificati per potersi chiamare tali. E se tu sei la prima a dire che lo facevi perché la tua carriera non venisse danneggiata, stai ammettendo di esserci andata per ragioni di opportunità. Nessuno ti giudica, Asia Argento. Però ti prego. Paladina delle vittime di molestie, abusi e stupri, anche no. Facciamo che sei finita in un gorgo putrido di squallidi do ut des e te ne sei pentita. Con 20 anni di ritardo però”.[6]
1.3 La sindrome di Stoccolma
All’inizio di quest’anno i media hanno riportato la notizia dell’ennesimo femminicidio in Italia. Si scopre e ci si meraviglia che la donna, bruciata viva dal suo convivente, abbia più volte difeso il suo aggressore. Questo atteggiamento ha un nome: Sindrome di Stoccolma, una sindrome che sembra colpire tante donne e il cui effetto andrebbe per lo meno valutato anche per spiegare le reazioni delle tante donne che hanno reagito attribuendo la responsabilità di quanto accaduto alla Argento, chiamando del tutto fuori il suo aggressore. Natalia Aspesi, femminista e donna di cultura, ha sostenuto che “Se mi chiedi un massaggio in ufficio e io te lo concedo, poi non mi posso stupire su come va a finire”. E, ancora, “Che i produttori, almeno da quando ho memoria di vicende simili, hanno sempre agito così. E le ragazze, sul famoso sofà, si accomodavano consapevoli. Avevano fretta di arrivare. E ancor più fretta di loro avevano le madri legittime che su quel divano, senza scrupoli di sorta, gettavano felici le eredi in cerca di un ruolo, di un qualsiasi ruolo”.[7] “L’eccezione alla regola proposta è Sofia Loren, che sposò un produttore per proteggersi – afferma ancora Aspesi – da attenzioni indesiderate”. A chi le chiede se stia giustificando Weinstein, risponde inoltre “Non giustifico niente. Il femminismo è ancora una delle missioni più importanti per le donne di tutto il mondo, forse la più importante in assoluto. È qualcosa in cui ho creduto e credo ancora ciecamente. Ma non mi pare che con queste denunce possa fare un salto decisivo. Magari sbaglio, ma ho i miei dubbi”. Il dubbio “Che sia una vendetta fratricida, per togliere di mezzo Weinstein. Era un produttore potente come pochi e sporcaccione come moltissimi altri. Che la storia, risaputa da decenni, sia venuta fuori con questa virulenza soltanto adesso, accompagnata da decine di testimonianze, non può essere casuale”. A completare la rassegna, un articolo, senza firma, battuto da ADN Kronos (13/10/2017), che già col solo titolo riesce a sintetizzare lo stato della polemica Donne che odiano le donne, gogna social per Asia Argento: “[…] E nel marasma dei commenti social che la accusano di volta in volta di opportunismo, di prostituzione, di sensazionalismo, a colpire duro incredibilmente sono soprattutto le donne. Man mano che si scorrono i commenti agli articoli dedicati al caso in questi giorni dai principali quotidiani, non è infatti difficile incappare – anzi, è impossibile – nei tanti insulti lanciati contro l’attrice: a scriverli sono mamme, nonne, ragazze, studentesse, tutte convinte della colpevolezza di Asia Argento, rea nel migliore dei casi per chi commenta di aver aspettato troppo a parlare o, nel peggiore, di essersi prostituita in cambio di un posto al sole di Hollywood”.[8]
- La decisione di lasciare l’Italia
“Newspapers ‘slut-shamed’ Asia Argento so badly over the Weinstein saga that she’s leaving Italy”,[9] riporta spesso la stampa straniera nel dar conto dell’evoluzione della saga di Asia Argento, giudicata coraggiosa e ispiratrice di altre donne. Fuor di patria. “Part of the criticism from some Italian newspapers and social media users revolves around the counter-argument that these celebrities should have come forward years ago (we debunked this argument here). While these newspapers and internet users are hardly the only ones engaging in this form of victim-blaming, the violent tone used by some is alarming and astonishing […].”. Cita quindi il caso di Renato Farina. La reazione sorprende ancor più la stampa straniera che ha un mezzo di facile paragone nella solidarietà riservata alle attrici americane protagoniste di analoghe denunce nei confronti di Weinstein. Giunta a Laura Boldrini la notizia dell’espatrio volontario, la Presidente della Camera indirizza il proprio appello all’attrice chiedendole di desistere dai suoi propositi: «Resta in Italia, non mollare».[10] Da sempre impegnata in attività contro la violenza sulle donne, da New York ha commentato al Corriere della Sera: “Non ho avuto modo di chiamare Asia Argento perché sono in missione a New York e in Canada. Le mando, però, questo messaggio: bisogna rimanere in Italia per rafforzare la solidarietà tra donne. Asia non mollare”. Ha poi aggiunto “Detesto il fatto che Asia Argento debba arrivare a giustificarsi […]. Questo è il mondo alla rovescia, non è importante se e quando una donna decide di denunciare un abuso. Queste sono sue scelte. Lo scandalo è che un uomo di potere, questo Weinstein, si sentiva libero di saltare addosso alle ragazze che volevano lavorare. Questo è il sistema marcio che va sradicato”. La stessa presidente della Camera non è del resto estranea all’azione denigratrice del web, che ne ha spesso fatto la destinataria di valanghe di insulti e parole violente. Riporta, tra gli altri, l’intervento di Boldrini il quotidiano Libero, che,[11] il 19 ottobre 2017, titola Laura Boldrini: “Cara Asia Argento resta in Italia, le donne sono con te” un articolo parco di commento ma nel quale la lingua non rispettosa del genere e della morfologia della lingua italiana – su tutti la presidenta – comunica ben più di quanto avrebbero fatto molte parole: “‘Per quanto riguarda le molestie e gli stupri’, ha sottolinea[to n.d.r.] la presidenta, ‘il problema sono gli uomini e il loro comportamento […]’”.
- Considerazioni finali
In attesa di uno scandalo a ruoli capovolti, che, da stereotipi culturali e linguistici dominanti, ad oggi lascerebbe prefigurare tutt’altro genere di commenti, ci si limiterà a una rosa di citazioni che se anche ampliata notevolmente non riuscirebbe a spostare di una virgola – chi scrive ne è convinta – lo stato di polarizzazione che si è venuto a prefigurare in Italia fin dai primi giorni di diffusione della vicenda. Una polarizzazione oppositiva che richiama quella tipica del tifo e più di recente della fede politica – che sembra rendere incapaci di acquisire, anche solo provvisoriamente, una prospettiva diversa, anche solo in parte, da quella originaria, – alla quale nessun commento sembra potersi sottrarre. Ragion per cui, per evitare che anche l’approccio descrittivo tipico dell’analisi del testo possa essere accusato di faziosità da una o dall’altra parte, occorrerebbe ampliare il corpus di riferimento di questo lavoro almeno con la disamina quantitativa e qualitativa di tutti i tweet presenti nell’account di Asia Argento con riferimento ai profili che li hanno generati; con la disamina almeno quantitativa dei segmenti e dei contesti in cui il termine vittima compare esplicitamente o è richiamato in altro modo; con la disamina dei contesti e delle forme cui si ricorre per parlare di chi ha offeso, con l’attività social scaturita dalle cronache relative a momenti clou dell’anno in materia di violenza o di rivendicazione di genere, nello specifico nei confronti delle donne, quali la giornata contro la violenza sulle donne o l’8 marzo. Già attuata a campione, la raccolta e la successiva analisi di messaggi mostra una pervicace azione a ripetere impermeabilmente le proprie azioni comunicative, tanto nei contenuti tanto nella forma e nelle costellazioni di termini che accompagnano il focus di volta in volta oggetto di discussione. Segno inequivocabile della posizione che gli elementi da cui si irradia la costellazione stessa hanno nell’enciclopedia e nella coscienza e sensibilità della comunità linguistica italofona.
[1]http://www.lastampa.it/2017/10/15/italia/cronache/un-orco-mi-ha-mangiata-la-cosa-pi-sconvolgente-i-tanti-attacchi-dalle-donne-hUwq9t9TFgRHkmcjU8yhAL/pagina.html (ultimo accesso 11/01/2018).
[2] http://www.liberoquotidiano.it/news/opinioni/13264032/harvey-weinstein-renato-farina-scandalo-sessuale-hollywood.html (ultimo accesso 08/01/2018).
[3] http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/films/news/harvey-weinstein-sexual-assault-asia-argento-flees-italy-public-condemn-speaking-out-a8012511.html (ultimo accesso 08/01/2018).
[4] https://mobile.nytimes.com/2017/10/26/opinion/italian-feminism-asia-argento-weinstein.html?partner=IFTTT &_r=0&referer=https://t.co/pj6FLcp4Fx (ultimo accesso 10/01/2018).
[5]https://www.leggo.it/gossip/news/asia_argento_stuprata_da_weinstein_selvaggia_lucarelli_frigni_
dopo_20_anni_foto_video_11_ottobre_2017-3295503.html (ultimo accesso 10/01/2018).
[6]https://www.leggo.it/spettacoli/cinema/asia_argento_weinstein_sfogo_twitter_12_ottobre_2017-3297028.html (ultimo accesso 09/01/2018).
[7] https://www.vanityfair.it/news/approfondimenti/2017/10/11/weinstein-commento-natalia-aspesi (ultimo accesso 11/01/2018).
[8] http://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2017/10/13/donne-che-odiano-donne-gogna-social-per-asia-argento_4KNSPMO49OoLtVvox04GWN.html
[9] http://mashable.com/2017/10/18/asia-argento-harvey-weinstein-sexual-harassment-slut-shaming/#YIIO
i.0cNaql
[10] https://www.vanityfair.it/news/cronache/2017/10/19/caso-weinstein-laura-boldrini-asia-argento
[11] http://www.liberoquotidiano.it/news/politica/13266009/laura-boldrini-cara-asia-resta-in-italia-donne-sono-con-te-minigonna-uomini.html