di Annalisa Cassarino per Said in Italy
Giulia è una bambina di nove anni e il nuovo anno scolastico la vede tra i banchi di una classe quarta della scuola primaria.
In occasione della festa “dei nonni”, tenutasi il 2 ottobre scorso, Giulia ha brillantemente decantato la filastrocca illustrata nella Figura 1, ottenendo un grande plauso da parte della sua famiglia.
Uno sguardo più attento, che guarda alla didattica con occhi inclusivi e anti-sessisti, noterà però con disincanto quanto ricca di stereotipi sia la filastrocca in questione. Scorrendo tra le righe, si ha la sensazione di essere catapultati/e all’interno di scenari cristallizzati, ciclicamente e passivamente riproposti alle nuove generazioni.
Il nonno, bravo a giocare a pallone e a costruire aquiloni, viene dipinto come un compagno di giochi eccezionale, attivo, dinamico e sempre pronto a nuove avventure.
La nonna è invece dotata di particolari capacità culinarie, che le permettono di preparare torte e merende squisite. Niente giochi o attività dinamiche per lei, che si abbandona piuttosto ad abbracci calorosi e a tenere carezze.
Giulia sarà stata pur brava ad assimilare e recitare questi pochi versi, ma questi stessi pochi versi avranno forse avuto la capacità di plasmare il modo di vivere e di vedere la realtà circostante della piccola Giulia? Quanta responsabilità hanno, ancora oggi, i materiali didattici nel processo di trasmissione e acquisizione degli stereotipi di genere?
È bene essere consci/consce del fatto che i bambini e le bambine nascono e crescono all’interno di un clima sociale già saturo di stereotipi. Questo clima è da intendersi come un puzzle, in cui ogni pezzo coincide con le pratiche e le attività quotidiane, i momenti di socializzazione, gli studi compiuti, le credenze acquisite. Lo stereotipo, quindi, si insinua, attraverso differenti canali (tv, cartoni animati, giochi, libri di testo, ecc..), in maniera inconsapevole, e per le nuove generazioni, così come lo è stato per le vecchie, diventa
sempre più difficile districarsi tra il vero e il falso, tra il pregiudizio e la realtà, tra il dato a priori e la verità dei fatti.
In un simile contesto la scuola dovrebbe fungere da garante di parità, inclusività e uguaglianza. In altre parole, dovrebbe essere un luogo dotato di lucido discernimento e di uno spirito critico tale da poter assicurare la libera espressione individuale e la realizzazione di una didattica scevra da stereotipi.
Alla luce di quanto è stato detto fin qui, risulta pertanto necessario porre l’attenzione sugli elementi che stanno alla base del processo didattico/educativo adottato nelle nostre scuole. In particolar modo, in questa sede si è scelto di analizzare uno strumento che, ancora oggi, la fa da padrone sulla scena didattica. Si tratta del libro di testo per la scuola primaria, rivolto quindi a un’utenza che possiede un’età circoscrivibile tra i sei e i dieci anni.
Il ruolo formativo svolto da questo strumento assume una centralità che non può e non deve essere sottovalutata perché, in relazione al contesto in cui viene utilizzato e al valore di cui è investito, risulta essere dotato, per i/le discenti, di un’autorità indiscutibile.
I bambini e le bambine, infatti, si approcciano alla lettura proprio attraverso l’utilizzo del libro di testo, vivono le avventure dei personaggi che incontrano pagina dopo pagina e costruiscono il proprio immaginario anche attraverso lo storytelling con il quale si confrontano quotidianamente.
Pertanto, nell’ottica di una scuola inclusiva, che vuole salvaguardare i principi di parità e uguaglianza e valorizzare le differenze (da intendersi come preziose risorse), il presente lavoro d’analisi ha come fine quello di comprendere se, e in che misura, gli stereotipi di genere siano, tutt’oggi, presenti nei libri di testo destinati a bambine/bambini.
Nella fase di avvio di questo studio, determinante è stato il contributo fornito dall’Associazione Italiana Editori – AIE (nonché principale referente delle case editrici di libri di testo per la scuola primaria), che ha messo in condivisione l’elenco dei libri di testo maggiormente adottati dalle primarie d’Italia nell’anno scolastico 2016/2017.
Perché il contributo dell’AIE risulta essere di fondamentale importanza?
L’AIE ha abbracciato e condiviso, ormai quasi due decenni orsono, il Progetto POLITE (Pari Opportunità LIbri di TEsto), in linea con l’obiettivo strategico B4, delineato in occasione della Conferenza mondiale di Pechino del ’95. Tale Progetto POLITE:
vede gli editori italiani associati all’AIE impegnati a darsi un codice di autoregolamentazione volto a garantire che nella progettazione e realizzazione dei libri di testo e dei materiali didattici destinati alla scuola vi sia attenzione allo sviluppo dell’identità di genere, come fattore decisivo nell’ambito della educazione complessiva dei soggetti in formazione. [1]
A partire dall’elenco sopracitato, è stato quindi estrapolato un campione di testi. Quest’ultimo, che si riporta a seguire, è divenuto il corpus del presente studio:
- Amici di classe 1 (per la classe prima), edito da Giunti Scuola Fantaparole 1 (per la classe prima), edito da La Spiga Edizioni
- Al parco con Tip e Zago 2 (per la classe seconda), edito da Fabbri Scuola
- A come… a scuola insieme 3 (per la classe terza), edito da Pearson Edition
L’analisi, realizzatasi solo sui testi delle letture, si è mossa su due fronti: quello qualitativo e quello quantitativo. Ciò significa che gli scopi della ricerca hanno voluto porre l’attenzione sulla presenza numerica (quindi quantitativa) del mondo femminile e di quello maschile, e sulle caratteristiche caratteriali e comportamentali (quindi qualitative) che riguardano il fronte femminile e quello maschile.
Un primo dato saliente è quello che concerne l’ambito dei/delle protagonisti/protagoniste. Rispetto al totale delle letture analizzate, i protagonisti
sono presenti con una percentuale pari al 58%, le protagoniste lo sono con una percentuale del 45%.
Più equilibrate e con una predominanza femminile sono invece le percentuali da cui si evince la quantità dei/delle attori/attrici presenti in seconda battuta. Le femmine non-protagoniste sono presenti con una percentuale pari al 55%, i maschi non-protagonisti lo sono con una percentuale del 53%.
Si tratta di un dato che non suscita stupore se, come si vedrà in seguito, l’elemento quantitativo viene associato a quello qualitativo.
Il numero totale delle attività svolte e dei ruoli ricoperti dagli uomini sono 36. Anche questo è un dato che merita particolare attenzione, non soltanto perché racchiude al suo interno professioni e ruoli numerosi e di diversa natura ma, soprattutto, perché acquisisce un valore ancora più profondo se messo a confronto con quello che riguarda le donne. Quest’ultime ricoprono dei ruoli e svolgono un numero di professioni che è pari a un terzo rispetto al dato maschile: a 36 professioni/ruoli/attività associate agli adulti ne corrispondono 12 associate alle adulte.
Le donne, dominatrici indiscusse delle dimore familiari, nella maggior parte dei casi sono presenti in qualità di madri, nonne, o zie. In pochissime letture svolgono attività e professioni all’interno della sfera pubblica e, in queste circostanza, sono quasi esclusivamente delle maestre di scuola dell’infanzia o primaria, oppure fate e principesse. Se si vuol far riferimento a un dato più preciso, è possibile affermare che nel 73% dei casi in cui si fa menzione alla figura di una donna, questa sarà, come appena citato, una madre o una maestra.
Le motivazioni vanno ricercate nelle errate convinzioni che vedono le donne dotate di spirito materno e portate, “per natura”, alla cura dei/delle più piccoli/piccole, sia in ambito domestico (da madre) che extra-domestico (da maestra).
A partire da questo elemento si evince, inoltre, la causa che determina una presenza numerosa di donne nelle vesti di non-protagoniste.
Quest’ultime fanno da cornice alle/ai proprie/propri figlie/figli o ai mariti, veri protagonisti della scena pubblica.
La dicotomia tra sfera pubblica/uomini e sfera privata/donne è netta, ma non tocca bambini e bambine. Questi/e, tra le pagine dei testi che sono stati analizzati, risultano essere Intenti/e nelle medesime attività, ad esclusione di quei giochi che sono ancora considerati di appannaggio dei maschi (si veda il calcio, le macchinine) o di appannaggio delle femmine (si veda il gioco delle le bambole).
Tutti questi elementi portano, bambini e bambine, a costruire un immaginario, chiaramente di carattere sessista, che va a discapito di entrambi i sessi. Pur potendo immedesimarsi nei piccoli personaggi che costituiscono lo storytelling dei loro testi scolastici, immaginando di essere degli/delle esploratori/esploratrici, di guidare un aeroplano, di viaggiare tra i pianeti solari, i loro sogni saranno destinati a infrangersi quando si scontreranno con la fascia adulta rappresentata. Nessuna possibilità di esprimere diversità rispetto a dei modelli, uomo/donna, che nella loro fissità e nel loro immobilismo, schiacciano le differenze in nome di uno stereotipo di genere che, sulla base di una errata e ingannevole differenza “naturale”, rende le donne madri e gli uomini professionisti di successo.
Eppure è sempre più rilevante l’esigenza di avvicinare bambine e giovani ragazze ai settori STEAM (Science, Technology, Engineering, Arts, Mathematics), di guidarle verso percorsi scientifici per i quali sono portare tanto quanto i loro coetanei. Per quest’ultimi, invece, la realizzazione professionale diventa una parte integrante della loro realizzazione personale, ma spesso sono costretti a confrontarsi con
impegni e responsabilità di lavoro che non tutti i maschi sono disposti o capaci di accettare e fare propri. Solo pochi hanno infatti la forza fisica e morale, la “stoffa” dell’eroe, non tutti potranno sfondare e riuscire vincenti nella vita, ma la scuola ed i libri li spronano all’ambizione, a riuscire e comunque ad una costante e stressante emulazione con gli altri, in una situazione altamente competitiva. [2]
Un altro elemento meritevole di menzione riguarda le modalità con le quali vengono espresse le caratteristiche fisiche e caratteriali del mondo maschile e femminile. Quest’ultime sono soggette a una descrizione dell’aspetto fisico che viene spesso effettuata con attenzione certosina.
Elemento allarmante è poi il legame, sottile e subdolo, che lega, nei personaggi femminili, l’esteriorità all’interiorità. La bellezza viene sempre associata alla purezza d’animo (è questo il caso delle principesse), la bruttezza è invece associata alla cattiveria d’animo (è questo il caso delle streghe).
Per quanto riguarda il mondo maschile, quasi mai l’aspetto fisico viene considerato così meritevole a tal punto da essere citato.
L’analisi dell’aspetto caratteriale fa spazio poi a una dicotomia, tra mondo maschile e femminile, che si palesa con vigore e intensità.
Donne e bambine vengono considerate gentili, sensibili, fragili, affettuose, facilmente persuadibili, paurose, spione, capricciose; uomini e bambini sono invece reputati avventurieri, fantasiosi, agili, impertinenti, arroganti, arrabbiati, orgogliosi, litigiosi.
La realtà letteraria dipinta associa, quindi, forza e dinamismo agli esseri maschili, staticità e debolezza agli esseri femminili.
Ben si sa quanto la realtà sia distante da tutto ciò, eppure ci siamo mai chiesti/e quanto un’inversione dei ruoli prestabiliti e delle caratteristiche caratteriali e comportamentali, culturalmente riconosciute e condivise, sia in grado di provocare una profonda incapacità comunicativa e di comprensione, fatta anche di svariate forme di bullismo o di violenza, fisica e psicologia (rivolta sia a maschi che a femmine)?
Sfogliando i libri in questione, i messaggi sessisti vengono trasmessi anche attraverso le immagini associate al testo verbale scritto, o attraverso gli esercizi di matematica, geometria, storia, scienze e geografia.
Insomma, le strade percorse dal sessismo trovano forme comunicative diverse e godono del supporto linguistico del maschile inclusivo, che tende a oscurare la presenza femminile più di quanto gli elementi quantitativi hanno dimostrato di fare nelle pagine precedenti.
Alla luce di quanto è stato sostenuto fin qui è possibile affermare che il Progetto POLITE non è riuscito nel suo intento.
I propositi che ne hanno determinato la nascita non hanno poi avuto il seguito dovuto, e la narrativa didattica che ne è venuta fuori continua a trascinare e trasmettere innumerevoli stereotipi di genere.
I dati ottenuti sono allarmanti anche perché la presente ricerca è stata realizzata a partire da parametri ideati, quasi un decennio fa, da Irene Biemmi, docente di pedagogia generale e sociale. Biemmi utilizzò questi parametri per denunciare il sessismo presente nei libri di testo per le scuole primarie e, proprio una manciata di mesi fa, ha riaggiornato i dati della sua ricerca riconfermando, concordemente a quanto si sostiene in queste pagine, la presenza di un alto tasso di sessismo.
Leconsiderazione alle quali si arriva ci riportano, purtroppo, agli stessi concetti che, nel 1986, venivano espressi da Rossana Pace.
Accanto ad alcuni lodevoli sforzi di ammodernamento dei contenuti e delle immagini, vi è una prevalente tendenza all’immobilismo, che è poi mancanza di realismo: nella rappresentazione del mondo del lavoro, dove spesso i mestieri sono quelli di un tempo, in via di sparizione; nel linguaggio, che è spesso desueto, e soprattutto, nell’attribuzione dei ruoli e delle mansioni che vede le donne relegate nelle posizioni tradizionali
di casalinghe affaccendate e talvolta – è il massimo della concessione – di benefiche fate, e interpretate nel ruolo di madri, secondo cliché desueti. [3]
È necessario quindi compiere un profondo atto di cambiamento. È bene che insegnati, educatori/educatrici, formatori/formatrici, guidati/e da una cultura dell’onestà e dell’equità, prendano atto di questa realtà, del fatto che i testi per la scuola primaria siano anacronistici e incapaci di mostrare la multiformità di una realtà che è straordinaria proprio perché variegata e poliforme.
Abbandonare gli stereotipi, nonché gabbie culturali che annientano la diversità a favore di un conformismo dagli infondati tratti naturali, significa apportare vantaggiosi cambiamenti alla nostra quotidianità e positive trasformazioni sociali e culturali.
D’altronde, come ci insegna Elena Gianini Belotti:
Se si smette di insegnare al maschio a dominare e alla femmina di accettare e amare di essere dominata, possono fiorire inaspettate e insospettate espressioni individuali molto più ricche, articolate, immaginose dei ristretti e mortificanti stereotipi.
[1] Testo integrale consultabile al seguente link:
https://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&ved=0ahUKEwiJocOHy93bAhVQaQKHQDgDQIQFggnMAA&
url=http%3A%2F%2Fwww.aie.it%2FPortals%2F38%2FAllegati%2FCodicePolite.pdf&usg=AOvVaw0Y_wsSmi3JcTFyWa2NxAO5
(consultato il 18 giugno 2018).
[2] Giani Gallino T., “Stereotipi sessuali nei libri di testo”, in Scuola e città n. 4, 1973, p.147
[3] Rossana Pace, Immagini maschili e femminili nei testi per le elementari, 1986, Roma, Presidenza del consiglio dei Ministri