Ndr: nell’immagine di copertina uno squarcio (tutt’altro che irrilevante) di futuro raccontato da Google (i dati somo stati estratti dai risultati visualizzati nella prima pagina alla data del convegno)
“I testi di oggi raccontano il futuro?”
di Francesca Dragotto
Come contributo a questo dibattito ho scelto di rovesciare la direzione del processo che di norma conduce a rappresentarsi il futuro come una proiezione che muove dal presente e di immaginare, pertanto, come potrebbe apparire il presente a un soggetto alieno che si imbattesse in frammenti della società italiana attuale e che, muovendo da quei frammenti, dovesse ricavarsi una idea sulla civiltà che li ha prodotti. Cercherò pertanto di calarmi nei panni di un archeologo o archeologa aliena alla presa con la ricostruzione di quella che in sé costituirebbe una sincronia ma che, in assenza di contesto e dei contesti relativi ad altre sincronie del medesimo sistema, finirebbe per essere assimilata all’intera civiltà italiana di un’epoca passata ma non meglio identificabile; una sincronia assimilabile a una pancronia, con tutti i rischi che conseguirebbero dal proiettare sul sistema in generale ciò che è invece tipico di una sola parte, per di più non necessariamente di grande rappresentatività.
Per cercare di simulare una situazione plausibile dell’oggi, immaginerò che la sorte consegni a chi ci interpreterà dal futuro pezzi casuali ma significativi della comunicazione esposta contemporanea: lo screenshot della homepage di un quotidiano nazionale, quello di una conversazione su Facebook o Twitter, almeno uno spot pubblicitario. Per la legge dei grandi numeri, assumerò che i casi di studio possano essere considerati rappresentativi della società a noi contemporanea, analogamente a quanto accade con i ritrovamenti di resti di civiltà antiche, delle quali, talvolta, ci si è ricostruita l’intera “storia” semplicemente eleggendo a paradigma quanto restituito dai frammenti recuperati. E se anche non si operasse, così facendo, in maniera sistematica, di certo non si potrà non cogliere qualche aspetto saliente della civiltà da interpretare.
Per cominciare una home page, del quotidiano La Stampa del 3 aprile 2019, in alcuni dei suoi articoli ancora reperibile in rete alla URL https://www.lastampa.it/ alla data del convegno
La componente verbale del testo contenuto in questa pagina è stata recuperata per mezzo di un software e poi normalizzata autopticamente, così da (almeno)
- eliminare preposizioni, data (ricorrente 6 volte),
- uniformare le varianti, per esempio per Italia, che, in 4 casi su 16, appariva in minuscola, in altri in nessi sintagmatici del tipo all’Italia, interpretati dal software come forme grafiche altre rispetto all’entrata lessicale
- mantenere elementi quali non, contro e prima poco significativi dal punto di vista lessicale ma termometri utili a rilevare la chiave interpretativa dell’enunciato e del testo in cui ricorrono
- mantenere il termine copyright, poco significativo in sé ma, nell’ottica dell’archeologia del futuro, indicativo di una attenzione spasmodica alla rivendicazione di autorità nei confronti dei contenuti a cui si accompagna (con 105 occorrenze, risulta l’elemento più ricorrente della pagina)
- mantenere, inoltre, il numerale 211mila, nonostante sia un hapax, per desiderio di capire a cosa si riferisca questo valore. Idem per 60mila
- conguagliare le forme relative, per esempio, al radicale abbon-, presente con 20 occorrenze distribuite nella morfologia di parola (per es. abbonamenti anche con iniziale minuscola, abbonamento, abbonarti, abbonati anche tutto in maiuscolo), o al radicale ambient– (in 6 casi nella forma ambiente), ad annunci–
- ridurre le forme grafiche sintagmatiche del tipo dall’Italia alla sola testa del sintagma (Italia)
- mantenere buongiorno con maiuscola e minuscola per la possibilità che si tratti di una variante onomastica
- non conguagliare forme potenzialmente omografe ma corrispondenti a due morfologie di parola diverse, quali porto e porti, la seconda delle quali in questa fase storica piuttosto frequente nella cronaca giornalistica, teste e testi, tratta e trattati, vicino e vicinato
Una volta normalizzata la lista di forme grafiche e cercato di organizzare, laddove opportuno, gruppi organizzati per radicale di riferimento, sono state selezionate le forme con almeno 10 occorrenze. La frequenza, infatti, pur non costituendo un valore assoluto del testo, fornisce un indice abbastanza indicativo dei temi e in generale degli elementi che, a esposizione avvenuta, permarranno nella mente (entrando in relazione con l’enciclopedia mentale) di chi fruirà del testo.
Questa la lista,
105 Copyright
20 abbon-
19 ann-i/-o
18 non
17 ANSA
17 Italia
15 aprile
13 donn-a/-e
11 caso
11 contro
11 LAPRESSE
10 mondo
10 prima
10 salute
nella quale spiccano, per la ricostruzione del contesto, Italia, non, donn-a/-e, contro, prima, mondo, con Italia e mondo virtualmente collegati da un filo che dovrebbe tenere unite due prospettive: quella rivolta all’interno e quella proiettata su tutto ciò che è al di fuori, oltre il proprio sistema di riferimento.
Quanto al tema delle ‘donne’, le 13 occorrenze tra singolare e plurale si inseriscono tra le pieghe di declinazioni del tema in vari modi, significativi della rappresentazione sfaccettata con cui viene raccontato questo genere
“La risposta del cuore”
di Maria Corbi
La nuova “mission” delle donne è quella di impadronirsi delle competenze digitali
Lori Lightfoot
Donna, afroamericana e omosessuale: Chicago ha eletto il nuovo sindaco
“Speciale”
“In edicola”
“Stile.it”
articolo
Rosa Maria e Lorella, prima unione civile fra donne in Marina
articolo
Il futuro della chirurgia nelle mani delle donne
di Fabio di Todaro
Poche ore dopo il salvataggio della home page, il tema del superamento della separazione dei domini sulla base del genere ritorna con questo articolo sul “circuito di golf più conservatore ed esclusivo della storia e sede del Major”
Augusta, cade il muro. Primo master donne nel tempio maschile
di Daniela Cotto
fugando all’argheolog* alien* ogni dubbio circa lo stato della parità tra i generi, che dal di fuori appare ove picconata, in ambiti piuttosto diversi tra di loro, ove ancora piuttosto distante da realizzare, come nell’ambito delle competenze digitali. In generale sembra sussistere, nel raccontare di donne, una sorta di spaccatura tra pubblico e privato non presente per uomo/uomini, 4 occorrenze complessive, alcune delle quali in funzione inclusivo (drone “ammazza-uomini”) e per questo indicative di un’altra prassi della civiltà da ricostruire: quella a includere un genere in un altro, nel riferimento così come nella grammatica.
Successivamente, la selezione è stata estesa a tutte quelle citate almeno 4 volte al fine di realizzare un Wordcloud.
Questa la nuvola di parole della home page del quotidiano,
al cui interno si è deciso di “pescare” le 4 occorrenze di futuro, una delle quali già citata e ripetuta due volte. Si tratta infatti dell’articolo
Il futuro della chirurgia nelle mani delle donne
di Fabio di Todaro
a cui vanno aggiunte
“Secondo me”
La colpa del calo demografico non è l’aborto ma la poca fiducia nel futuro
di Raffaella Silipo
“Straneuropa”
L’Europa sbarca a Novara. Più ambiente e lavoro per il futuro
di Marco Zatterin
capovolgendo la prospettiva e frugando tra gli hapax, termini usati una sola volta ma che non per questo devono risultare privi di salienza, si può intercettare questo articolo, che recupera, nel titolo, una parola già usata alcuni anni fa per un titolo di film: truffacuori, una narrazione che, ancora una volta, parla ancora principalmente al femminile inserendosi tra le pieghe dei desideri e delle attese alimentate già precocemente dagli stereotipi
Cupido cambia veste, diventa digitale e virale: il terreno ideale per i “truffacuori”
(scritto da Valeria Randone, psicologo e sessuologo clinico a Catania e Roma)
Presa complessivamente, la pagina abbonda di riferimenti a sé stessa e al suo pubblico, di riflessioni che guardano al passato più che al futuro, spesso al negativo, con prevalenza di temi insieme individuali e sociali, quali quelle di genere e la salute e, più staccati, l’ambiente, la casa e l’economia (8 occorrenze del radicale distribuite però tra economia ed economiche più 1 di bioeconomia; reddito ne ha solo 4, nonostante la forma grafica possa rinviare in questa fase storica anche a uno specifico provvedimento legislativo).
Essendo consolidata la rappresentazione (tutt’altro che scontata) del futuro come una prosecuzione del presente collocata, nella nostra cultura, davanti agli occhi, ci si potrebbe chiedere quale futuro immaginarsi stante il presente offerto dalla comunicazione.
Nel caso, per esempio, delle narrazioni sociali e social sulle donne e intorno alle donne, a quelle del tipo di quelle viste se ne alternano altre che, dal punto di vista dell’interazione comunicativa che determinano, risultano piuttosto allarmanti. È il caso di un campionario comprendente affermazioni del tipo:
A Emma Marrone, che invocava la riapertura dei porti italiani, il consigliere leghista Massimiliano galli rispondeva
“Faresti bene ad aprire le tue cosce facendoti pagare per esempio…”.
Un titolo divenuto virale in poche ore su Twitter e Facebook e, peggio, che ha fornito il là ad una pratica comunicativa che negli ultimi anni è irrotta anche nell’agone pubblico e persino della comunicazione pubblica: lo slut shaming, la denigrazione, volta all’annichilimento, di donne che godono di visibilità pubblica, comprese – e in certe fasi del dibattito in particolari – politiche, che solo una manciata di anni fa sarebbero state protette da questo genere di attacchi per il semplice fatto di svolgere una professione “maneggiata con cautela” e di sicuro con i guanti delle varietà e dei registri più formali.
Sdoganata dalla politica, questa forma di violenza di genere è dilagata portando all’emersione di quei comportamenti un tempo già presenti nel tessuto sociale italiano, ma ben confinati nella sfera privata e informale.
A far da base a questo come ad altre forme di violenza di genere, una solida base di piramide costituita da stereotipi e luoghi comuni, sentiti come innocui e parte della tradizione identitaria stessa del paese (si pensi alla funzione gnomica dei proverbi) e per questo sottovalutati e difficili da contrastare anche perché, quando lo si fa, si diventa a propria volta oggetto di biasimo per aver agito in nome del politicamente corretto.
Per comprendere meglio in che consiste, una storia di slut shaming esemplare, di un lustro fa.
L’episodio è quello in cui Beppe Grillo, leader del Movimento 5 Stelle, invita a “fantasticare” sull’allora presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini. All’invito fanno eco in poche ore migliaia di commenti e condivisioni, successivamente cancellati ma recuperabili da vari siti o lavori che li hanno conservati. A questo link, per esempio, è reperibile un articolo che ne ha assemblato e commentato un blocco, a cui – in pieno stile social – hanno prontamente fatto seguito alcune decine di commenti, indicativi anche degli stili comunicativi e testuali che predominano nei social.
Questi i commenti recuperati dall’articolo e tradotti in inglese, in occasione di un convegno su “Pleasures of violence” svoltosi a inizio marzo a Oxford (i dati qui presentati sono parte della relazione di Dragotto, Giomi, Melchiorre “Putting Women Back in their Place: Reflections around sexist hate speech and slut shaming on Italian social media”)
“Boldrini sei una GRAN PUTTANA!”
“Perché non la chiamate Baldraca” “Brutta troia, lesbica vacci a succhiare il pisello a la checca del tuo padrone vecchia zozzona” “Gli metterei in mano il battacchio..altro che la campanella. quello lo sa usare bene” “Manganello e olio di ricino?” “Propio una grandissima zoccola” “E’ da prenderla a calci in faccia questa quà !!!” “Zoccola!!!!” “Ma questa sarebbe la presidente della camera? Questa deve stare nella camera a gas” “Che faccia di puttana” “Boldrini più ti guardo e ti ascolto e più mi rendo conto che sei una vera maiala” “Basterebbe guardarla in ogni minimo dettaglio, questa non lo riceve da un po’” “Che brutta faccia. due calci in bocca aggiustano tutto” “Direi metodo boldracca e non mi scuso per il turpiloquio” “Io spedirei lei, la kyenge, coucky, letta e tutto il pd in africa assieme ai loro amici rom, clandestini,e gay e costringerli a vivere la” “Ho appena finito di mangiare e mi fate vedere sta zoccola! Ora vomito tutto!” “Vacca di merda”,“Troia..scommetto ti piace prenderlo solo nel culo puttANA” “Una gran troia….se vuoi denunciami. Merdaccia del caxxo” “Questa e una povera depressa lesbica” “Giuro che non so piu come offenderti…..baldraccha da marciapiede” “Hai detto pompini?” “Zoccola torna nella fogna da cui sei uscita” “Che faccia di merda che è la bocchini… Ops la boldrini” “Auguro a sta faccia di merda della boldracca morte lenta e lunga agonia” “Non la voglio neanche sentire la troia”, “Ha proprio una faccia da pompinara!!!!” “Faccia di merda…non pubblicate più certe foto il trauma è troppo grosso! troia troia troia” “Sta vecchia zoccola manco é bona più a fa pompini, almeno il porco di Berlusca se le piglia sotto ai 25” “Faccia da bocchinara” “Con quella bocca può fare ben altro!!!!!!!!!!!!!!!” “Fai schifo anche a fare pompini….zoccola!!!” “Troia vienimelo a succhiare” “Sei brutta come una ZINGARA nn ti si può guardare” “Questa cozza l’ha vista mio nipote e si è spaventato! Mi ha detto: nonno se le donne sono così mi faccio prete” “Ho un tubo da 6 pollici che aspetta Il suo kulo….” |
Boldrini you are a GREAT WHORE!
Why don’t you call her Baldraca [slut] Ugly slut, lesbian, go and give a blow job to the pansy of your master, you old filthy pig I would put my ding-dong…rather than the bell. that, she knows how to use it well. Blackjack and castor oil? Such a great whore She is to be kicked in her face, this one Slut And this is the president of the Chamber [of Deputies]? This should be in a gas chamber Slutty face Boldrini, the more I look at you and I listen to what you say the more I realise you are a real pig It would be sufficient to carefully look at her, she hasn’t taken it for a while What an ugly face, a couple of kicks in the mouth would fix everything I’d rather say Boldracca [Sluttish] method and I won’t apologise for my bad language I would send her, Kyenge, coucky, letta and all the PD to Africa along with their Roma friends, clandestines, gay and force them to live there I’ve just finished to eat and you let me see this slut! Shitty Cow, Slut..I bet you like to take it in the ass, whORE A great slut..file me if you like. Big shit of my dick” This is a poor depressed dyke I swear I don’t know how to insult you anymore… sidewalk slut Did you say blow jobs? Slut [skunk] go back to the gutter What a shitty face this “blow jobs” [bocchini]…oohps Boldrini I wish this shitty face of a slut [boldracca] a very slow death and a long agony I don’t even want to hear her this slut, you look like a blower!!! Shitty face…don’t publish such pix anymore, the trauma is too big! Slut, whore, bitch, this old slut doesn’t even do how to give a blow job anymore, Berlusconi he at least takes the under 25s Blower face, with that mouth you could do much more!!! She is also crap at giving blow jobs…slut!!! Bitch/Slut, come and suck it You are as ugly as a gipsy you are revolting, my nephew got scared when he saw this dog woman! he told me: granny, I’d rather become a priest if women looked like that I have a six inches pipe waiting for her ass… |
Come potrebbe l’archeologo o l’archeologa del futuro interpretare questi frammenti? per aiutarsi potrebbe integrare quanto ricavato dai commenti all’articolo o ad altri testi analoghi. Ne ricaverebbe una impressione di confusione in cui, ricorrenti, sono i temi della libertà di espressione e della condanna del politicamente corretto e frequenti i rimpalli di accuse e rinvii a cattive pratiche attribuite a chi si professa in dissenso con quanto espresso da altri/e. Da segnalare, tra i tanti, il seguente, indicativo di una lettura diffusa, che all’insegna del male minore esalta il ruolo di “valvole di sfogo” sociali di questo genere di commenti.
Slut shaming, victim blaming e deviance stigmatization, ma anche body shaming e revenge porn – prestiti dall’inglese che in itaiiano si rendono con perifrasi e che indicano referenti che non sono stati finora considerati forse proprio perché si ritiene che certi atteggiamenti siano normali – rendono visibili sfaccettature diverse di uno stesso meccanismo, quello del doppio standard (uomo/donna ma anche santa/puttana), ancora piuttosto in uso nella società italiana contemporanea che ne prevede anche una variante tutta al femminile (puttana raffinata/puttana di basso rango), praticata dalle stesse donne che, così facendo, riabilitano se stesse agli onori del genere di elezione, quello che si arroga il diritto di giudicare.
Al culmine di questa climax di violenza legittimata quotidianamente da comportamenti agìti e narrati su cosa competa e come debba comportarsi una donna, il femminicidio, presente nella home de La Stampa con una sola occorrenza ma nelle ore successive alla raccolta dei dati richiamato stavolta, per fortuna, non da un’ennesima uccisione, bensì da un’altra manifestazione di quella base della piramide – qui forse a un gradino di emersione successivo, vista l’esposizione pubblica –, senza la quale il livello di tolleranza di certi comportamenti, dovuto ad assuefazione, risulterebbe di certo inferiore.
Questo il fatto, accaduto in occasione dell’approvazione dell’emendamento di legge sul revenge porn, ultimo anello, per notorietà ma non per pratica (in aumento i casi tra adolescenti), del florilegio di gender-based violences di inizio di terzo millennio.
Chiede minuto di silenzio: applauso in Aula ma proposta viene bocciata
La deputata di Forza Italia Matilde Siracusano, al termine della votazione sugli emendamenti al ddl Codice rosso, chiede alla presidenza della Camera un minuto di silenzio per le vittime di femminicidio. La proposta, malgrado gli applausi dall’Aula, viene respinta dal presidente di turno Fabio Rampelli (FdI) che ribatte: “Sentito il presidente della Camera procederemo, come in analoghe occasioni, ad un ricordo delle vittime in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne istituita dall’Onu, celebrata il 25 novembre”.
Piuttosto facile da immaginare lennesima spaccatura in due schieramenti della platea di utenti social in merito a questa vicenda. Ragion per cui si tralascerà questo effetto per tornare a chiedersi: quale futuro?
Quale spazio per i miti, tenendo conto che essendo etimologicamente i miti connessi con l’attività di narrazione, sono proprio narrazioni come quelle esaminate i miti di oggi che si offrirebbero a chi ci guardasse venendo da un futuro lontano?
Di certo, anche per costituzione linguistica, il futuro si crea dal presente, non è ancora giunto a compimento, ma poiché a dover compiersi è qualcosa “che già è” (ce lo racconta il radicale del verbo), appare difficile prefigurarsi almeno a breve un futuro sganciato dal presente che si è tratteggiato. Salvo ripensare le narrazioni di noi e delle nostre vite, così da mettere a disposizione di chi verrà nuovi miti con cui confrontarsi.
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Atri frammenti di presente