CorsoNessuno può credersi esente da stereotipi. Né il giornalismo, né la giustizia.

Ne discutono una giornalista, una linguista, un’avvocata e un magistrato. Lo spunto viene dalla condanna all’Italia da parte della Cedu (Corte europea dei Diritti dell’uomo) per come è stato condotto il processo e per le parole utilizzate nella sentenza de “La Ragazza della Fortezza”: sette imputati accusati di stupro su una ragazza dopo una serata passata insieme alla Fortezza da Basso, una zona della movida fiorentina, nel 2008. La Cedu riscontra una vittimizzazione secondaria, costruita sulla base di pregiudizi diffusi nella società italiana e tanto più gravi in quanto scritti in una sentenza che per sua natura ha carattere pubblico. Un esempio di come la scelta anche involontaria delle parole rimandi a sottesi stereotipi: sia che si stili una sentenza sia che si scriva un articolo. C’è consapevolezza? Ci sono argini deontologici? Le parole sono neutre? Si interrogano sul versante della giustizia il magistrato Fabio Roia e l’avvocata Roberta De Leo, mentre sui pregiudizi verbali riflette la professoressa Cavagnoli che insegna linguistica applicata e glottodidattica e che fra l’altro ha già contribuito al libro di GiULiA su Stereotipi e donne nei media.

Interventi (in ordine alfabetico): Cavagnoli Stefania, docente di Glottodidattica e Linguistica Applicata all’Università di Roma Uniroma2, la cui ultima pubblicazione è “Sessismo” (Mondadori Univ); Cosi Marina, giornalista, vpresid naz dell’associazione GiULiA-Giornaliste; De Leo Roberta, avvocata penalista ed esperta SVSDAD Onlus (Mangiagalli/ Ospedale Policlinico di Milano); Manuelli Maria Teresa, giornalista, già segr naz dell’associazione GiULiA-Giornaliste; Roia Fabio, magistrato, presid vicario del Tribunale di Milano e presid sezione Misure di prevenzione, fondatore Osservatorio violenza sulle donne (UniMi) e autore di “Crimini contro le donne” (FrancoAngeli ed)

Link al programma sul sito di G.I.U.L.I.A. Giornaliste