Sessismo (linguistico e non)

A cura della Redazione

Si scrive sessismo, si legge la vita segnata dal proprio sesso, fin dalla nascita.

Una riflessione sulla parola sessismo e su molti aspetti ad esso collegati, a partire dal ruolo del linguaggio e della lingua nella rappresentazione cognitiva del mondo ha spinto le Autrici a scrivere questo volume.
Il punto di partenza delle loro riflessioni è proprio stata la parola “sessismo”.
Le Autrici hanno impostato la ricerca, confrontando, nei principali dizionari, i diversi lemmi che descrivono la parola, introdotta nella lingua italiana negli anni Settanta come calco dall’inglese.
Il concetto di sessismo è intrinseco alla nostra società ben prima della sua registrazione nei dizionari.

Il sessismo è una forma di discriminazione fra le persone sulla base del sesso e del genere di appartenenza.
È un modo di considerare il mondo in maniera asimmetrica, nella quale il punto di riferimento è l’uomo e la donna un suo “completamento”.

Oggi parliamo di discriminazione sessista anche verso persone che si considerano non binarie; una discriminazione legata comunque sempre al sesso e al genere.

La discriminazione si esprime in primo luogo attraverso la lingua, che è una costruzione politica, frutto di relazioni sociali, una convenzione sociale necessaria per una buona comunicazione.
La lingua cambia con il tempo e si modifica con il mutare delle esigenze sociali.

Il permanere del fenomeno sessista è agevolato dalla “visione del mondo” che attribuisce a una persona non soltanto determinate qualità, ma anche specifici ruoli, in virtù della sua appartenenza a uno dei due generi sessuali.

Le Autrici riflettono sul ruolo che il linguaggio ha per l’imprinting linguistico che bambine e bambine subiscono dalla nascita, mettendo in evidenza aspetti che i/le parlanti considerano “normali”, scontati, ma che invece non lo sono e che perpetuano la visione sessista del mondo.

Il primo passo per modificare il sessismo è esserne consapevoli: riconoscerlo, e combatterlo attraverso un uso adeguato della lingua. E le Autrici dimostrano come la parola sia centrale nella costruzione di rapporti non sessisti: anche nei testi giuridici, che sostengono la parità e l’uguaglianza di tutte le persone, ma che, a partire proprio da come sono redatti, ricostruiscono un mondo al maschile.
In questo modo l’aspetto formale è rispettato, ma manca spesso l’aspetto sostanziale.

L’analisi prosegue con le dinamiche e gli effetti del linguaggio d’odio, sui media e nell’ambito dei social.

Che fare per modificare la situazione? Per limitare o cancellare il sessismo? Il punto di partenza è sicuramente l’educazione: educazione familiare e educazione linguistica, nel senso di educazione linguistica democratica. In ciò le scuole, di ogni ordine e grado, sono centrali.
Insegnare ad essere nominati/e significa insegnare ad essere rispettati/e, ad esistere, ad avere un posto nel mondo.
Tale crescita va sostenuta dalla stampa e dalle istituzioni soprattutto attraverso un esempio costante e coerente di buona lingua, non sessista, e rispettosa delle persone e della comunità sociale.

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