di Monica Di Bernardo

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Quante volte vi sarà capitato di intervenire in una conversazione, magari in un contesto di lavoro, per chiedere di indicare in modo corretto un termine o un nome di professione utilizzando la desinenza femminile o per rettificare un documento in cui venite definite con il maschile inclusivo? E quante volte vi sarete sentite rispondere: «Sono solo parole, i problemi sono ben altri»?

Sessismo, il libro curato da Francesca Dragotto e Stefania Cavagnoli, spiega in modo chiaro e articolato come replicare alle accuse di benaltrismo e come riconoscere i meccanismi legati al sessismo nella lingua e nei suoi diversi usi, contesti e codici. Si tratta di un’analisi puntuale del sessismo, cioè di una forma di discriminazione delle persone sulla base del sesso e del genere di appartenenza, nella lingua, negli strumenti giuridici e nella produzione social. In particolare si possono distinguere tre percorsi di approfondimento su cui le due autrici si soffermano.

Francesca Dragotto

Nella prima parte Dragotto ricostruisce le modalità attraverso le quali avviene la formazione delle grammatiche mentali che sostengono la capacità individuale di interpretare la realtà e di relazionarsi con il resto del mondo, facendo riferimento agli studi di linguistica e delle neuroscienze. Spiega efficacemente e nel dettaglio come il linguaggio sia uno strumento di costruzione di pratiche sessiste. Fin dall’infanzia, infatti, pur essendo ancora non parlanti (infans), apprendiamo attraverso una narrazione fatta di parole, corpo, intrecci di testi, per mezzo di un’esposizione continuativa allo stesso tipo di codice. Attraverso questa immersione nella lingua madre diventiamo loquens, soggetti parlanti. Ciò vuol dire che dopo pochi semestri dalla nascita siamo in grado di capire parti di lingua e impariamo ad usarle, infatti abbiamo a disposizione uno strumento che, se integro e sollecitato da stimoli esterni, ci permette di diventare locutori e locutrici della nostra lingua. È un dispositivo che abbiamo in dotazione ma non corrisponde a nessuna lingua. I discorsi delle persone e le loro narrazioni sono i catalizzatori che trasformano la prima grammatica universale nella grammatica mentale delle lingue che parliamo. Quindi iniziamo a capire ed utilizzare la lingua assistendo ai discorsi come se fossero pièce teatrali in cui attori e attrici utilizzano una molteplicità di linguaggi.

È una costruzione attiva messa in atto dal bambino e dalla bambina che permette di parlare una lingua che ci pone nel mondo in un certo modo o in un altro. Per questo motivo se l’infante entra in contatto con codici e narrazioni diverse avrà un bagaglio di modi di immaginare il mondo e di nominarlo molto più articolato di chi viene in contatto con un’unica narrazione che, tra l’altro, si porta dietro anche tutta una serie di stereotipi e di idee su come ci si aspetta che si viva in base al genere di appartenenza; pensiamo anche soltanto alla caratterizzazione dei colori secondo il genere, rosa per le bambine e azzurro per i bambini. Tutto questo ci condiziona, influenza il nostro stare al mondo, perciò è così difficile liberarsi degli stereotipi o anche soltanto metterli in discussione.

Stefania Cavagnoli

Nella seconda parte Stefania Cavagnoli si occupa degli strumenti lessicografici di consultazione mettendo in evidenza come il dizionario sia uno strumento che ci permette di fotografare la realtà linguistica in un dato momento, tuttavia spesso viene considerato norma oggettiva anche se è solo una possibile classificazione del reale. L’analisi dei dizionari però può essere molto utile perchè ci consente di osservare, soprattutto attraverso la scelta degli esempi che vengono proposti per ciascun lemma, gli stereotipi e le immagini sessiste che appaiono come “normali” perché normate all’interno di uno strumento percepito come la “norma” oggettiva. Lo stesso accade nei proverbi e nei libri di testo scolastici che ripropongono e consolidano a più livelli una visione patriarcale della società.

Anche l’asimmetria semantica, cioè l’uso di aggettivi e sostantivi che acquisiscono un significato diverso a seconda del genere, screditante e sminuente se usati al femminile (passeggiatore/trice – buon uomo/buona donna), appare in tutta la sua evidenza attraverso l’analisi dei dizionari.

In particolare Cavagnoli chiarisce come la lingua sia una costruzione sociale e storica e per questo suscettibile di cambiamenti e adeguamenti a seconda delle nuove esigenze; tali cambiamenti avvengono attraverso l’uso, quindi è necessario che sia un uso consapevole, attento e che sappia dar voce a tutte le diversità.

Per tale motivo alla conclusione del capitolo vengono fornite anche utili tecniche e strumenti per facilitare il cambiamento ed utilizzare la lingua in un modo che sia rispettoso e valorizzi le differenze dando loro visibilità. Infine, dal momento che la discriminazione linguistica si riflette in ambito giuridico-istituzionale soprattutto perchè il linguaggio è una questione di potere tra chi è rappresentato e chi non lo è, Cavagnoli si sofferma sull’analisi delle principali leggi vigenti in ambito nazionale ed internazionale, in particolare i testi normativi a sostegno della parità e del rispetto di genere. Si tratta di norme importanti che tuttavia spesso vengono eluse o poco applicate, quindi è importante diffonderle e richiederne l’applicazione, penso al contesto scolastico ad esempio dove i documenti ufficiali continuano nella maggior parte dei casi ad utilizzare il maschile sovraesteso nonostante la maggioranza del corpo docente sia costituita da donne.

La lingua che parliamo non è altro che è un codice e come tale viene connotato da chi scrive che, naturalmente, non è affatto un soggetto neutro ma vede il mondo dalla sua posizione, attraverso le lenti della sua lingua, esperienza, tradizione. Tutto ciò vale anche per quanto riguarda il funzionamento delle intelligenze artificiali che permeano la nostra realtà e non sono affatto neutre ma replicano le visioni proprie di chi ha programmato un algoritmo: nella maggior parte dei casi, si tratta di individui maschi, bianchi, abili e con cornici cognitive simili, il che naturalmente produce delle conseguenze non da poco.

Questo aspetto viene affrontato da Dragotto nell’ultima parte del libro insieme all’analisi del “sessismo al tempo dei social”, un’attenta ricognizione tra i social media che amplificano l’uso sessista della lingua attraverso molteplici forme di hate speech (slut e fat shaming, body shaming), azioni offensive che spesso attaccano la donna in quanto donna, in quanto corpo. Un fenomeno che è in rapido aumento nel nostro Paese, come ci ricorda Vox diritti (osservatorio italiano sui diritti) che si occupa di monitorare e mappare la diffusione dell’hate speech in rete. Dall’ultimo rapporto emerge un aumento del discorso d’odio contro le donne su Twitter (285 mila tweet nel 2019, il gruppo più odiato), in particolare sono oggetto di stigmatizzazione coloro che mostrano una loro soggettività nei più diversi ambiti o che si ritrovano per qualche motivo sotto le luci della ribalta mediatica. Spesso inoltre gli /le odiatori/trici seriali o occasionali moltiplicano gli aspetti sotto attacco riferiti al profilo della vittima aggredita che risulta oggetto di attacchi ancor più aggressivi se condensa in sè una serie di “diversità”, se ad esempio oltre ad essere una donna è anche ebrea o nera o disabile. In particolare Dragotto si sofferma sulle vicende di alcune donne vittime di slut shaming: Kyenge, Murgia, Boldrini, Thunberg riportando sia gli articoli di giornale analizzati che stralci di discorsi d’odio pubblicati sulle piattaforme social. Quel che appare evidente quindi è il fatto che la carica di odio che si esprime on line è in costante aumento, forse anche a causa dell’apparente anonimato che lo spazio virtuale sembra garantire, ma anche grazie alla pervasività del mezzo che permette con un clic di raggiungere un vasto pubblico di follower.

Proprio perchè smaschera con dati alla mano e riferimenti puntuali le caratteristiche dell’odio in rete, Sessismo è un volume utile e necessario che merita una lettura accurata e che andrebbe diffuso soprattutto tra i/le docenti delle scuole di ogni ordine e grado. Il libro infatti intende fornire una guida, un vademecum che può aiutare a rendersi conto di come il linguaggio permei l’intera nostra esistenza, contribuisca a costruire l’immagine che abbiamo del mondo e sia intriso di stereotipi e pregiudizi incastrati nella nostra mente sin da quando veniamo al mondo; il linguaggio dà forma e vestito alla realtà e a noi nella realtà e costruisce il nostro rapporto con quanto ci circonda.

Solo essendo maggiormente consapevoli riguardo a tali aspetti possiamo insegnare alle/agli studenti a dare il “giusto peso” alle parole sia nella comunicazione online che offline e guidarli verso un uso critico del linguaggio e delle narrazioni che preveda sia la risemantizzazione di alcuni vocaboli utilizzati con un significato escludente ma che possono acquisirne uno nuovo e più inclusivo sia una lettura con occhio critico dei libri di testo, anch’essi da revisionare alla luce dei cambiamenti sociali che stiamo vivendo.

Infatti, come ci ricordano le stesse autrici, «Usare un linguaggio non sessista può davvero cambiare la realtà, perché attraverso la lingua si dà dignità o la si toglie ad atteggiamenti, comportamenti, modalità che stanno alla base degli stereotipi». È necessario e non più rimandabile un cambiamento sociale, giuridico e linguistico che abbia come punto di partenza un’educazione linguistica democratica e che dia spazio e riconoscimento ai due generi: il maschile e il femminile, ma anche a chi nel binarismo non si riconosce.

Un cambiamento necessario che dovrebbe partire proprio dalle aule scolastiche e da un ripensamento dei libri di testo secondo una prospettiva di genere per costruire insieme ai ragazzi e alle ragazze una pratica quotidiana di cittadinanza attiva e realmente paritaria. Un cambiamento che produrrebbe conseguenze importanti anche riguardo alla prevenzione della violenza di genere, un fenomeno insito nella società in cui viviamo e che attraverso il linguaggio sessista si nutre e si alimenta.

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